Il settore della cannabis sativa ai tempi del coronavirus:
In questo periodo di assoluto e straordinario caos mondiale, generato dalla pandemia covid-19, le maggiori testate giornalistiche internazionali unitamente ai più importanti osservatori economici, hanno incominciato freneticamente a parlare della cosiddetta “green revolution”.
In Italia questa parola anglofona, non può voler dire altro che ritornare a quelle origini contadine che hanno reso grande il nostro paese in tutto il mondo. Ebbene si, se ci pensiamo bene, il brand Italia che ancor oggi è il più ambito desiderio di ogni cittadino che vive su questo pianeta, affonda le sue radici proprio nella nostra terra, nei nostri campi nei nostri prodotti agricoli e di conseguenza in quelli eno-gastronomici che compongono la famosa “dieta mediterranea”. Ma ad un attento conoscitore della storia agricola-industriale del nostro paese non può sfuggire che l’Italia all’inizio degli anni 40 dello scorso secolo era ben nota in tutto il mondo anche per essere il 2° produttore mondiale di canapa.
L’ITALIA ERA IL SECONDO PRODUTTTORE AL MONDO DI CANAPA INDUSTRIALE
Eh si, avete sentito bene, il 2° produttore al mondo di canapa industriale era proprio l’Italia, il nostro bel paese. Come dimenticare l’intera zona piemontese denominata canavese che ha come epicentro Ivrea e la città di carmagnola, con il suo storico sindaco Felice Giraudo, antesignano della reintroduzione della coltivazione della canapa negli anni 90 in Italia; in queste zone la coltivazione della canapa ha origini antichissime arrivando a dare il proprio nome alla meravigliosa genetica divenuta forse la più importante genetica di canapa industriale contemplata a distanza di anni nel catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole ai sensi dell’art. 17 della direttiva 2002/53/ce del consiglio del 13 giugno 2002; ed ancora come non stupirsi all’ingresso della splendida cittadina campana, chiamata Frattamaggiore, quando al suo ingresso si legge, tutt’oggi, benvenuti nella città di San Benedetto e della canapa”; insomma tra l’Italia e la canapa c’è una storia d’amore che dura da anni, secoli. Tutte queste considerazioni ci portano ad identificare nella canapa una delle principali attrici che potrebbero servire al nostro paese per rialzarsi dalla profondissima crisi economica in cui è sprofondato. Se si considera infatti che nel 1941 gli ettari di terreno coltivati a canapa arrivarono ad una estensione di 102.000 ettari, questa cifra oggi consentirebbe di tornare ad avere un primato che ci permetterebbe di sanare in pochi anni l’intero debito pubblico italiano. Da allora ad oggi la ricerca scientifica ha fatto passi da gigante intuendo che la canapa può essere utilizzata non solo per la realizzazione di corde e abbigliamento, così come accadeva all’epoca, bensì oggi la canapa può essere impiegata in edilizia come isolante termico nelle abitazioni e nelle strutture pubbliche, quali scuole, caserme e università, e solo tale applicazione porterebbe ad un risparmio calcolato dagli esperti in oltre 40 miliardi di energia elettrica, con conseguenti ricadute estremamente positive sull’ambiente, stante la limitazione dell’inquinamento dovuto al funzionamento anacronistico delle centrali elettriche presenti nel nostro paese. Ma vi è di più, la canapa essendo un materiale altamente antiparassitario ed autosanificante può essere utilizzata per la realizzazione di mobili, di capi di abbigliamento intimo e di tutta una serie di oggetti di uso comune nella vita di tutti i giorni. Per non parlare degli infiniti utilizzi terapeutici che si è scoperto avere nella cura del cancro e delle patologie neurovegetative, ormai verificate ed accertate da tutte le maggiori università e centri di ricerca mondiali. In ultimo ma certamente non meno importante come destinazione da poter dare alla canapa è certamente il suo impiego nella realizzazione di bioplastiche di ultima generazione in grado di rispondere alle stringenti ed ecologiche normative del “plastic free”, ormai entrate in vigore a livello planetario. Insomma a dirla con i termini del grande filosofo napoletano Giambattista Vico, vissuto a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo l’utilizzo della canapa rappresenta la conferma della sua teoria dei corsi e ricorsi storici. Infatti oggi la canapa si candida a sostituire la plastica e tutte quelle sostanze derivanti dalla raffinazione del petrolio; quel petrolio che fu la principale causa del suo oscuramento e della sua dichiarazione di illiceità della coltivazione voluta fortemente dai magnati americani interessati ad eliminare a tavolino, sul finire del 1940, il primo concorrente delle fibre di nylon da loro appena scoperte e che di lì a poco avrebbero invaso il mondo determinandone un altissimo tasso di inquinamento in pochi anni. Insomma il paese che nel 1951 con la famigerata convenzione di New York, definendo la canapa come una droga ne vietò la coltivazione in tutto il mondo, oggi l’ha legalizzata permettendo alle multinazionali statunitensi e canadesi di fatturare miliardi di dollari con quella pianta che per quasi un secolo avevano definito ingiustamente “nemico pubblico n.1 dell’intera umanità”! Che cosa stiamo aspettando per riappropriarci dell’utilizzo a 360 gradi, di una pianta che ha reso grande in passato il nostro paese nel mondo intero?